DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Le omelie a Santa Marta. 20-24 novembre 2014



20 Novembre

Il pianto di Gesù

Gesù continua a bussare alle porte, come ha bussato alla porta del cuore di Gerusalemme: alle porte dei suoi fratelli, delle sue sorelle; alle porte nostre, alle porte del nostro cuore, alle porte della sua Chiesa. Ma Gerusalemme si sentiva contenta, tranquilla con la sua vita e non aveva bisogno del Signore. Per questo aveva chiuso il suo cuore davanti al Signore. E il Signore piange davanti a Gerusalemme. Come pianse anche davanti alla chiusura del sepolcro del suo amico Lazzaro. Gerusalemme era morta. Per questo Gesù davanti alle sue porte esclama: Se avessi compreso anche tu in questo giorno quello che ti porta la pace! Non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata. Aveva paura di essere visitata dal Signore; aveva paura della gratuità della visita del Signore. Era sicura nelle cose che lei poteva gestire. Noi siamo sicuri nelle cose che noi possiamo gestire. Ma la visita del Signore, le sue sorprese, noi non possiamo gestirle. E di questo aveva paura Gerusalemme: di essere salvata per la strada delle sorprese del Signore. Aveva paura del Signore, del suo sposo, del suo amato. Perché quando il Signore visita il suo popolo ci porta la gioia, ci porta la conversione. E tutti noi abbiamo paura, non dell'allegria, ma piuttosto della gioia che porta il Signore, perché non possiamo controllarla... Come è sola la città, un tempo ricca di popolo. È rimasta sola, come una vedova e sottoposta a lavori forzati. Ma cosa ho fatto contro di te, perché tu rispondi così? Il prezzo di quel rifiuto è la croce: il prezzo per farci vedere l'amore di Gesù, quello che lo ha portato a piangere, a piangere anche oggi, tante volte, per la sua Chiesa. Gerusalemme era tranquilla, contenta; il tempio funzionava. I sacerdoti facevano i sacrifici, la gente veniva in pellegrinaggio, i dottori della legge avevano sistemato tutto»: era «tutto chiaro, tutti i comandamenti chiari. Ma nonostante ciò aveva la porta chiusa. Oggi noi cristiani, che conosciamo la fede, il catechismo, che andiamo a messa tutte le domeniche, noi cristiani, noi pastori siamo contenti di noi? Il rischio è quello di sentirsi già appagati perché abbiamo tutto sistemato e non abbiamo bisogno di nuove visite del Signore. Ma Gesù continua a bussare alla porta, di ognuno di noi e della sua Chiesa, dei pastori della Chiesa. Se la porta del cuore nostro, della Chiesa, dei pastori non si apre, il Signore piange, anche oggi. Pensiamo a noi: come stiamo in questo momento davanti a Dio?.




21 Novembre

Il denaro e lo scandalo

Il gesto di Gesù nel tempio» — che come scrive Luca nel suo Vangelo (19, 45-48) «si mise a scacciare quelli che vendevano» — secondo Francesco «è proprio una cerimonia di purificazione del tempio». Il popolo di Israele «conosceva queste cerimonie: tante volte ha dovuto purificare il tempio quando era stato profanato». Basti pensare, ha ricordato il Papa, «ai tempi di Neemia nella ricostruzione del tempio». C'era «sempre quello zelo per la casa di Dio, perché il tempio per loro era proprio la dimora di Dio, era il “sacro”, e quando venne dissacrato, dovette essere purificato. la gente è buona, andava al tempio, non guardava queste cose: cercava Dio, pregava». Però «doveva cambiare le monete per fare le offerte, e lo faceva lì». È proprio per cercare Dio che «il popolo di Dio andava al tempio; non per quelli che vendevano». La gente «andava al tempio per Dio». E «lì c'era la corruzione che scandalizzava il popolo». A questo proposito, il Papa ha ricordato «una scena della Bibbia tanto bella» che si ricollega anche con la festa della presentazione di Maria: «Quando la mamma di Samuele è andata al tempio, pregava per la grazia di un figlio. E bisbigliava in silenzio le sue preghiere. Il sacerdote, vecchio, poveretto, ma tanto corrotto» le disse «che era un'ubriaca». In quel momento «i suoi due figli sacerdoti sfruttavano la gente, sfruttavano i pellegrini, scandalizzavano il popolo: il peccato dello scandalo». Ma la donna, «con tanta umiltà, invece di dire due parole forti a questo sacerdote, ha spiegato la sua angoscia». Così «in mezzo alla corruzione, in quel momento» c'era «la santità e l'umiltà del popolo di Dio». Pensiamo, ha proseguito il Pontefice, a «quanta gente guardava Gesù che faceva la pulizia con la frusta». Scrive Luca: «Tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell'ascoltarlo». Proprio alla luce del gesto di Gesù, «penso allo scandalo — ha affermato Francesco — che possiamo dare alla gente con il nostro atteggiamento, con le nostre abitudini non sacerdotali nel tempio: lo scandalo del commercio, lo scandalo delle mondanità». Infatti «quante volte vediamo che entrando in una chiesa, ancora oggi, c'è lì la lista dei prezzi: battesimo, tanto; benedizione, tanto; intenzioni di messa, tanto...». E «il popolo si scandalizza». Nel passo del Vangelo, Luca non dice che «Gesù è arrabbiato». Piuttosto Gesù «è lo zelo per la casa di Dio, qui: è più della rabbia». Ma, si è chiesto il Pontefice, «perché Gesù fa così? Lui l'aveva detto e lo ripete in un'altra maniera qui: non si possono servire due signori. O rendi il culto a Dio vivente, o rendi il culto ai soldi, al denaro». E «qui la casa del Dio vivente è una casa di affari: c'era proprio il culto al denaro». Dice invece Gesù: «Sta scritto: la mia casa sarà casa di preghiera. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Così «distingue chiaramente le due cose»La redenzione è gratuita: la gratuità di Dio. Gesù viene a portarci la gratuità totale dell'amore di Dio. Perciò quando la Chiesa o le chiese diventano affariste, si dice che non è tanto gratuita la salvezza. Ed è proprio per questo che Gesù prende la frusta in mano per fare questo rito di purificazione nel tempio. La festa liturgica della presentazione di Maria al tempio ha suggerito al Pontefice una preghiera. Ricordando che la Vergine entra nel tempio da «donna semplice», Francesco ha auspicato che questo «insegni a tutti noi — a tutti i parroci, a tutti quelli che abbiamo responsabilità pastorali — a mantenere pulito il tempio» e «a ricevere con amore quelli che vengono, come se ognuno di loro fosse la Madonna.

24 Novembre
La luce e la ricchezza della Chiesa
La vedova è «la persona più forte qui, in questo brano». Della vedova «si dice due volte che è povera: due volte. E che è nella miseria». È come se il Signore avesse voluto sottolineare ai dottori della legge: «Avete tante ricchezze di vanità, di apparenza o anche di superbia. Questa è povera. Voi, che mangiate le case delle vedove...». Ma «nella Bibbia l’orfano e la vedova sono le figure dei più emarginati» così come anche i lebbrosi, e «per questo ci sono tanti comandamenti per aiutare, per prendersi cura delle vedove, degli orfani». E Gesù «guarda questa donna sola, semplicemente vestita» e «che getta tutto quello che ha per vivere: due monetine». Il pensiero corre anche a un’altra vedova, quella di Sarepta, «che aveva ricevuto il profeta Elia e ha dato tutto quello che aveva prima di morire: un po’ di farina con l’olio...». «Una povera donna in mezzo ai potenti, in mezzo ai dottori, ai sacerdoti, agli scribi... anche in mezzo a quei ricchi che gettavano le loro offerte, e anche alcuni per farsi vedere». A loro Gesù dice: «Questo è il cammino, questo è l’esempio. Questa è la strada per la quale voi dovete andare». Emerge forte il «gesto di questa donna che era tutta per Dio, come la vedova Anna che ha ricevuto Gesù nel Tempio: tutta per Dio. La sua speranza era solo nel Signore». «Il Signore sottolinea la persona della vedova», ha detto Francesco, e ha continuato: «Mi piace vedere qui, in questa donna una immagine della Chiesa». Innanzitutto la «Chiesa povera, perché la Chiesa non deve avere altre ricchezze che il suo Sposo»; poi la «Chiesa umile, come lo erano le vedove di quel tempo, perché in quel tempo non c’era la pensione, non c’erano gli aiuti sociali, niente». In un certo senso la Chiesa «è un po’ vedova, perché aspetta il suo Sposo che tornerà». Certo, «ha il suo Sposo nell’Eucaristia, nella parola di Dio, nei poveri: ma aspetta che torni». E cosa spinge il Papa a «vedere in questa donna la figura della Chiesa»? Il fatto che «non era importante: il nome di questa vedova non appariva nei giornali, nessuno la conosceva, non aveva lauree... niente. Niente. Non brillava di luce propria». E la «grande virtù della Chiesa» dev’essere appunto quella «di non brillare di luce propria», ma di riflettere «la luce che viene dal suo Sposo». Tanto più che «nei secoli, quando la Chiesa ha voluto avere luce propria, ha sbagliato». Lo dicevano anche «i primi Padri», la Chiesa è «un mistero come quello della luna. La chiamavano mysterium lunae: la luna non ha luce propria; sempre la riceve dal sole». Certo, ha specificato il Papa, «è vero che alcune volte il Signore può chiedere alla sua Chiesa di avere, di prendersi un po’ di luce propria», come quando chiese «alla vedova Giuditta di deporre le vesti di vedova e indossare le vesti di festa per fare una missione». Ma, ha ribadito, «sempre rimane l’atteggiamento della Chiesa verso il suo Sposo, verso il Signore». La Chiesa «riceve la luce da là, dal Signore» e «tutti i servizi che noi facciamo» in essa servono a «ricevere quella luce». Quando un servizio manca di questa luce «non va bene», perché «fa che la Chiesa diventi o ricca, o potente, o che cerchi il potere, o che sbagli strada, come è accaduto tante volte, nella storia, e come accade nelle nostre vite quando noi vogliamo avere un’altra luce, che non è proprio quella del Signore: una luce propria». Il Vangelo, ha notato il Papa, presenta l’immagine della vedova proprio nel momento in cui «Gesù incomincia a sentire le resistenze della classe dirigente del suo popolo: i sadducei, i farisei, gli scribi, i dottori della legge». Ed è come se egli dicesse: «Succede tutto questo, ma guardate lì!», verso quella vedova. Il confronto è fondamentale per riconoscere la vera realtà della Chiesa che «quando è fedele alla speranza e al suo Sposo, è gioiosa di ricevere la luce da lui, di essere — in questo senso — vedova: aspettando quel sole che verrà». Del resto, «non a caso il primo confronto forte, dopo quello che ha avuto con Satana, che Gesù ha avuto a Nazareth, è stato per aver nominato una vedova e per aver nominato un lebbroso: due emarginati». C’erano «tante vedove, in Israele, a quel tempo, ma soltanto Elia è stato inviato da quella vedova di Sarepta. E loro si arrabbiarono e volevano ucciderlo». Quando la Chiesa, ha concluso Francesco, è «umile» e «povera», e anche quando «confessa le sue miserie — poi tutti ne abbiamo — la Chiesa è fedele». È come se essa dicesse: «Io sono oscura, ma la luce mi viene da lì!». E questo, ha aggiunto il Pontefice, «ci fa tanto bene». Allora «preghiamo questa vedova che è in cielo, sicuro», affinché «ci insegni a essere Chiesa così», rinunciando a «tutto quello che abbiamo» e non tenendo «niente per noi» ma «tutto per il Signore e per il prossimo». Sempre «umili» e «senza vantarci di avere luce propria», ma «cercando sempre la luce che viene dal Signore».