di Annalena Benini | Il Foglio 02 Dicembre 2014
Malia e Sasha Obama (foto AP)
A tredici e sedici anni esiste solo una cosa peggiore dello stare in piedi accanto al proprio padre davanti alle telecamere (immaginando le amiche a casa che commentano i capelli, le scarpe, la faccia): stare davanti alle telecamere accanto al padre che concede la grazia a un tacchino. Malia e Sasha Obama, nate nel 1998 e nel 2001, sono state criticate da un’esponente repubblicana, Elizabeth Lauten (che poi si è pentita, disperata e dimessa) per l’aria annoiata, per gli occhi roteanti, per i vestiti troppo casual con cui hanno tenuto compagnia al presidente degli Stati Uniti che parlava all’America durante la cerimonia tradizionale della grazia ai tacchini. Elizabeth Lauten, portavoce di un deputato repubblicano, “dopo molte ore di preghiera” ha chiesto scusa in modo accorato per quelle parole inappropriate postate su Facebook. Quelle parole però hanno permesso a molti genitori di adolescenti di osservare meglio Malia e Sasha, mentre in effetti roteavano gli occhi, un passo dietro Barack Obama che quindi non poteva vederle, non ridevano granché alle battute del padre, si bisbigliavano a vicenda commenti probabilmente terribili sui tacchini in genere e sulla platea della Casa Bianca, e non potendo controllare i cellulari si controllavano le scarpe.
Sasha ha risposto “no” al padre che la invitava ridendo ad accarezzare quell’animale terrorizzato, ed entrambe avevano un’aria impaziente, contavano i secondi che mancavano alla fine del supplizio, calcolavano mentalmente l’impatto di quella figuraccia sulla loro vita sociale e sui loro capelli, pregavano che nessuno le stesse guardando e che, in caso contrario, almeno tutti notassero quanto erano imbarazzate da quello strazio presidenziale. “Sono teenager”, hanno detto tutti a loro difesa, e in quella difesa c’era il senso di un sollievo: anche le figlie di Barack e Michelle Obama sono come mia figlia, come mio figlio, come mio nipote, come mio cugino adolescente.