DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

L’Italia triste che non fa più figli



di Mario Adinolfi

Ancora record negativo di nascite:
509mila nel 2014, peggior dato dal
1861 a oggi. E non ditemi che c’è la
crisi, il picco della natalità italiana fu nel
1946 quando eravamo sotto le macerie.
Con i bambini l’Italia ripartì. Con 110mila
aborti l’anno per ragioni futili l’Italia muore.
Solo la vita salva la vita. Fate figli, tutto il
resto viene poi.
La notizia della denatalità italiana si intreccia
con la tragedia di una neonata siciliana
che muore rifiutata da tre ospedali. Come se
qualcuno volesse dire a questo paese triste
che i bambini da noi sono destinati non a
nascere, ma a morire. Mettiamo infinita attenzione
ai desideri degli adulti che vogliono
“avere figli”, anche quando è tecnicamente
e naturalmente impossibile, investendo lì risorse
e sforzi politici. Poi però dei diritti dei
bambini ci dimentichiamo totalmente. E il
primo diritto è quello a nascere e a vivere.
Passiamo invece il tempo a discutere del festival
di Sanremo. Molti lettori mi chiedono
di Conchita Wurst. Io non ne ho parlato e
non ho voluto assistere alla performance.
Chiudiamola con qualche riga. Io non ho
nulla contro Tom, come giustamente l’ha
chiamato Carlo Conti alla fine dell’esibizione
piazzata prudentemente da Raiuno
dopo mezzanotte. Contro la persona io non
ho niente, ma proprio niente niente. Contro
l’icona, perché è ovvio che è stata invitata a
Sanremo solo in quanto icona, invece qualcosa
da dire c’è. Quella di mercoledì sera
a Sanremo era propaganda all’ideologia
gender. La quale, per la precisione, sostiene
l’indeterminatezza tra essere maschile e
essere femminile, sostiene che il sesso sia
intercambiabile come un cambio d’abito
(“sono quel che mi sento d’essere”). Finalità
di questa ideologia è dimostrare l’inconsistenza
del ruolo paterno e di quello materno,
essendo dissolto l’elemento biologico di
appartenenza al genere maschile e femminile,
che sarebbero secondo questi ideologi
libere “scelte” individuali determinate dal
contesto culturale e sociale. Dunque: io ho
la barba e mi vesto da donna, posso essere
madre e padre insieme, non c’è differenza,
basta che “c’è l’amore”. Questa ideologia è
falsa e pericolosissima e la si vuole insegnare
anche nelle scuole italiane ai bambini di
tre anni con la scusa della lotta alle discriminazioni.
Io sono contrario all’ideologia gender, contrario
all’invasione nelle scuole e nella cultura
popolare. Mercoledì sera mentre andava
in onda Conchita Wurst su Raiuno io ero
ospite a Matrix di Luca Telese a Canale 5 e
dovevo fronteggiare un transessuale che
diceva quanto fosse bella la prostituzione
e irrideva una rumena e una nigeriana tratte
in salvo dall’associazione Papa Giovanni
XXIII dell’indimenticato don Oreste Benzi
che combatte la riduzione in schiavitù delle
donne prostitute. Mi veniva in mente che
una tenaglia così tra le due reti principali del
sistema radiotelevisivo italiano era impensabile
fino anche solo un anno fa. Invece ormai,
poiché nessuno reagisce, ci propinano
la qualsiasi obbligandoci a tacere altrimenti
sei un discriminatore. Chi se ne frega, io dico
quel che penso. E penso che l’ideologia gender
faccia male alla società e ai bambini. Sarò
libero di affermarlo? Fino a quando? Fino alla
prossima approvazione del ddl Scalfarotto?
Il male è qui, tra noi: è l’Italia triste che non
fa più figli, è l’Italia che non sa accogliere e
curare una neonata, è l’Italia che umilia madri
e padri esaltando l’ideologia gender che
Papa Francesco ha paragonato al metodo
di formazione della gioventù hitleriana, è
l’Italia che non vuole togliere dalle strade
le prostitute-schiave, anzi, vuole dedicare
loro quartieri-ghetto. Una continua offesa
alla parola vita, che non a caso si declina

al femminile e non porta la barba.