DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Quali sono i segreti per una buona omelia? La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti presenta un documento indirizzato ai vescovi, ai sacerdoti e ai seminaristi



Citta' del Vaticano,  (Zenit.orgLuca Marcolivio | 133 hits

Il Direttorio omiletico, presentato oggi in Sala Stampa Vaticana, non trasmette novità particolari ma, piuttosto, compendia tutti gli spunti più importanti del magistero in merito alla definizione e formulazione delle omelie da parte di vescovi, sacerdoti e diaconi.
Sulla scia di alcune indicazioni significative contenute nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium di papa Francesco, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha dunque realizzato il documento, firmato dall’ex prefetto, il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prima dell’assunzione dell’incarico di arcivescovo di Valencia.
Durante la conferenza stampa, il cardinale Robert Sarah, nuovo prefetto della Congregazione per il Culto Divino, si è soffermato sulle principali problematiche legate all’omelia, a partire dalla lunghezza o brevità e dalla capacità del predicatore di attrarre l’uditorio.
“Spesso, per numerosi fedeli, è proprio il momento dell’omelia, sentita come bella o brutta, interessante oppure noiosa, a decidere la bontà o meno dell’intera celebrazione”, ha dichiarato Sarah.
Fermo restando, ha precisato il cardinale, che “la Messa non è l’omelia”, quest’ultima rappresenta “un momento rilevante al fine della partecipazione ai santi misteri, ossia all’ascolto della Parola di Dio e alla Comunione al Corpo e al Sangue del Signore”.
Attraverso l’omelia, il ministro ordinato svolge un “servizio liturgico”, che non è “un discorso qualsiasi”, né va svolto “in modo personalistico” ma deve essere “ispirato dalla Parola di Dio”, ai fini di orientare i fedeli a “praticare il Vangelo di Gesù Cristo”, ha proseguito Sarah.
A tale scopo, il Direttorio attinge a fonti autorevoli quali il Catechismo della Chiesa Cattolica e le esortazioni Sacramentum Caritatis Verbum domini, entrambe di Benedetto XVI.
Il Direttorio, tra le altre cose, ricorda che “l’omelia è suscitata dalle Scritture disposte dalla Chiesa nel Lezionario” e dalla celebrazione in cui le letture del giorno sono inserite, ossia dalle “preghiere” e dai “riti”, che compongono l’intera liturgia, “il cui protagonista principale è Dio, per il Cristo suo Figlio, nella potenza dello Spirito Santo”.
Secondo il porporato, il principio universale per cui una buona omelia non è mai “né troppo lunga, né troppo corta”, va declinato a seconda delle culture: in Africa, ad esempio, sono gradite ai fedeli prediche anche più lunghe della media, meglio ancora se accompagnate da citazioni di aneddoti o leggende popolari.
Anche monsignor Arthur Roche, segretario della Congregazione per il Culto Divino, ha rimarcato l’inconcepibilità dell’omelia “come un pezzo di oratoria, ossia disgiunta dalla Parola di Dio che risuona per la concreta assemblea raccolta per l’Eucaristia, a cui appunto è destinata”.
Al tempo stesso il presule ha ricordato che, tra i più carismatici omelisti della storia cristiana, vi sono stati personaggi come Sant’Ambrogio, Sant’Agostino o San Leone Magno, i quali resero “eloquente testimonianza del loro magistero liturgico di Pastori dediti al gregge loro affidato”, con lo spirito di chi sa aiutare “chi ascolta ad ospitare sempre meglio nei propri cuori la Parola che trasforma la vita di chi la mette in pratica”.
È anche per questo, ha sottolineato, monsignor Roche, che “l’omelia non può essere improvvisata” ed “occorre che l’omileta sappia e ravvivi incessantemente in sé la coscienza di che cosa la Chiesa gli chiede nel dargli mandato di spezzare il pane della divina Parola nell’assemblea eucaristica, che cosa prevedono i libri liturgici circa questa peculiare azione, che competenze egli debba coltivare, quali siano i reali bisogni e le attese della comunità riunita in preghiera”.
Illustrando la struttura del Direttorio, il sotto-segretario della Congregazione del Culto Divino, padre Corrado Maggioni, SMM, ha citato tra le fonti giuridiche della pubblicazione iPraenotanda dell’Ordo lectionum Missae e l’Institutio generalis Missalis Romani.
“Quattro attenzioni hanno fatto da sfondo alla redazione – ha aggiunto padre Maggioni -: il posto della Parola di Dio nell’azione liturgica; i principi dell’interpretazione biblica; la conoscenza della Scrittura e della liturgia da parte dell’omileta, e l’incidenza sulla sua vita spirituale; coloro a cui l’omelia è rivolta, le loro culture e situazioni, al fine di aiutali a rendere evangelica la loro esistenza”.
Il Direttorio, ha proseguito il dirigente del Dicastero vaticano, è destinato in modo particolare “ai vescovi e ai preti” ma anche “ai seminaristi, e ai loro formatori”. Pubblicato in inglese (lingua originale) e in italiano, il documento sarà poi inviato a tutte le conferenze episcopali del mondo per le traduzioni.
Il punto di vista laico sull’omiletica, è stato espresso da Filippo Riva, officiale del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, secondo il quale non si tratta di un puro lavoro “intellettuale”, poiché molti insegnamenti, anche autorevoli, possono non coinvolgere la “esistenza dell’oratore”, limitandosi a un puro “gioco teorico”.
L’omelia, invece, deve presentarsi come “mezzo con cui il sacerdote instilla in me il desiderio di conoscere o ri-conoscere Gesù, presentandolo nel modo più diretto e chiaro, non accartocciato o parziale”, proprio perché “nel caso di Gesù, non bastava ascoltarlo, ma si desiderava stare con lui, andare con lui”.
Pertanto, l’eloquio di un sacerdote deve essere “incarnato, deve cioè testimoniare un atteggiamento di fronte alla vita, una posizione umana” e la sua omelia avrà successo “se testimonia un metodo davanti alla domanda che emerge dalla realtà concreta e, con essa, dalla storia del mondo”, ha quindi concluso Riva.