DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Quei benedetti scienziati



di Francesco Agnoli

Su un quotidiano che si intitola La Croce,
e che si occupa spesso e volentieri
di bioetica, può essere utile affrontare,
per quanto brevemente, uno dei luoghi
comuni di cui si serve sovente la cosiddetta
“bioetica laica” (che sarebbe più corretto
definire “bioetica materialista”): quello che
vuole il pensiero religioso in netto contrasto
con la scienza. È in nome di questo pregiudizio
che molti scientisti ribattono ai detrattori
della clonazione, della manipolazione genetica,
delle pratiche di fecondazione artificiale,
dell’utero in affitto o di quello artificiale…
senza affrontare il quid della questione, ma
rifugiandosi nella scappatoia dell’ideologia:
“voi, che siete contro la scienza!”.
Si vorrebbe, così, risolvere la questione antropologica
in una battuta semplificatoria, che
da una parte trascura quanto certi scienziati,
dimentichi dell’esistenza di un Bene morale
oggettivo, possano agire contro l’uomo
(come fecero, ad esempio, i due premi Nobel
per la Fisica tedeschi che collaborarono assiduamente
con Hitler e il nazismo, o i costruttori
della bomba atomica), dall’altra il fatto
che la storia della scienza e quella della fede
cristiana sono indissolubilmente legate.
Lo si può intuire al volo, solo ricordando il
fatto più evidente: la scienza sperimentale
moderna nasce in Europa, e, soprattutto, in
Italia, cioè proprio laddove si è affermata la
cultura cristiana e dove più forte è l’influenza
ecclesiastica; proprio laddove la fiducia
greca e cristiana nel Logos di Dio e nella ragione
umana, a immagine e somiglianza di
quella divina, ha generato le prime università
della storia.
Dove nasce l’anatomia moderna? Prima a
Bologna, con il devoto Mondino de Liuzzi,
nel 1316; poi a Padova, grazie all’opera di
vari anatomisti italiani e al contributo del
fiammingo Vesalius. Mentre in Italia si dissezionano
i cadaveri, in gran parte del mondo,
e persino d’Europa, questo non avviene. È
la Chiesa a farsi garante della possibilità di
indagare il corpo umano, persino ordinando
autopsie per far fronte alla peste, e nello
stesso tempo a vietare gli eccessi (ad esempio
la sottrazione senza permesso di cadaveri
dai cimiteri, o la dissezione di uomini vivi,
per permettere esperimenti più “veritieri”).
I primi studiosi di ottica e di prospettiva? I
francescani medievali dell’università di Oxford,
laddove i principi della fisica dualista
aristotelica vengono piano piano distrutti,
preparando quel cambiamento di paradigma,
come ha ben illustrato Thomas Kuhn,
che è necessario preludio alla cosmologia di
Copernico.
Quanto alla moderna astronomia l’età nuova
inizia, appunto, con Niccolò Copernico, un
ecclesiastico che studia diritto canonico a
Ferrara, e che lavora a più riprese presso la
cancelleria papale e la cattedrale della sua
città. Dopo di lui il teologo Giovanni Keplero
– la cui intensa fede trinitaria compare
ovunque nei suoi libri scientifici, dall’Astronomia
nova all’Harmonice mundi, intervallati
qua e là da riflessioni teologiche, bibliche, e
addirittura da preghiere - e una lunga serie
di sacerdoti, da don Giuseppe Piazzi, scopritore
del primo asteroide, nel 1801, a padre
Angelo Secchi (definito da Margherita Hack,
nel suo Vi racconto l’astronomia, “l’iniziatore
dell’astrofisica”), ai fondatori dei primi osservatori
astronomici professionali (i padri
Beccaria, Boscovich e Piazzi, a fine Settecento
in Italia), sino, per farla breve, a Georges
Edouard Lemaître,
il sacerdote belga
che per primo, nel
1927 e nel 1931,
propose l’espansione
delle galassie e il
Big bang.
Se dall’astronomia
passiamo alla geologia,
il padre di
questa scienza è
Niccolò Stenone
(1638-1686), un
danese protestante,
che lavora in
Italia nel XVII secolo,
e che dopo
aver contribuito a
scoperte eccezionali
nei campi più
svariati, compresa
l’anatomia, diviene
sacerdote, vescovo e beato. Stenone
è considerato anche un pioniere
della paleontologia e della
cristallografia (in quanto
scopritore della I legge
della cristallografia). Al
suo nome, si affianca
quello del sacerdote
francese Renè Just
Haüy (1743-1822),
amico di Lavoisier,
che proseguendo sulla
strada dell’illustre
danese, fonda la Cristallografia
(e formula
la II legge) e la Mineralogia
moderne.
Quanto alla biologia, è universalmente
riconosciuto a
padre Lazzaro Spallanzani, sacerdote
nativo di Scandiano (1729-
1799), il titolo di “principe dei biologi”, di
“Galilei della biologia”, per aver dato, per
primo, contributi nei campi più svariati di
questa disciplina (è considerato anche uno
dei padri della vulcanologia).
Il fondatore della genetica? Il monaco agostiniano,
Gregor Mendel (1822-1884); mentre
il laico e “servo di Dio” Jerome Lejeune
è, nel Novecento, il padre della moderna citogenetica.
Quanto alla meteorologia e alla
sismologia, l’elenco dei contributi da parte
non solo di credenti, ma addirittura di ecclesiastici,
diventa incredibile: padre Benedetto
Castelli, allievo e amico intimo di Galilei, riconosciuto
come il padre dell’idraulica moderna,
è l’inventore del pluviometro, mentre
ad altri ecclesiastici sono attribuiti il primo
igrometro ed il primo anemometro; padre
Andrea Bina, monaco benedettino, è, nel
1751, l’inventore
del primo sismografo
a pendolo;
padre Timoteo Bertelli
(1826-1905),
barnabita, è il padre
della microsismologia;
don Giuseppe
Mercalli (1850-
1914) è il padre
della prima scala
sismica, che da lui
prende il nome…
Se ci spostiamo
nel campo dell’elettricità,
troviamo
i contributi pionieristici
di gesuiti
come Niccolò
Cabeo, e la figura
di padre Giovan
Battista Beccaria
(1716-1781), riconosciuto
padre dell’elettricismo
italiano.
Dopo di loro, Alessandro
Volta (1745-
1827), formatosi alla
scuola dei gesuiti, e
sincero credente; Luigi
Galvani (1737-1798),
terziario francescano,
che perse la cattedra universitaria
per aver rifiutato di
giurare fedeltà alla repubblica
giacobina cisalpina; Michael Faraday
(1791-1867), membro devoto di una chiesa
cristiana protestante; il sacerdote Giuseppe
Zamboni, inventore della pila a secco; il francese
André-Marie Ampère (1775-1836),
amico e collaboratore del beato Federico
Ozanam, l’amico dei poveri di Parigi… sino
a J.C. Maxwell (1831-1879), padre dell’elettromagnetismo,
e uomo di profondissima
fede cristiana.
Pur dimenticando infiniti altri contributi di
personalità della Chiesa - e tralasciando di
parlare della profonda fede in Dio di laici
come I. Newton, L. Pasteur, lord Kelvin ecc.-,
ricordo soltanto alcune scoperte più tecnologiche
attribuibili ad ecclesiastici italiani:
padre Eugenio Barsanti, barnabita, è l’inventore
(scippato) del motore a scoppio; l’abate
senese Giovanni Caselli, è il padre del pantelegrafo
(antenato del fax), mentre il gesuita
Roberto Busa è considerato un pioniere
dell’informatica linguistica….
Per i personaggi
citati, come per
molti altri, si può
tranquillamente
dire che avrebbero
condiviso una
frase cara a scienziati
del calibro
di Robert Boyle e
Louis Pasteur, secondo
i quali “poca scienza allontana da Dio,
ma molta scienza riconduce a Lui”; come
pure avrebbero sottoscritto l’affermazione
del Premio Nobel per la fisica Max Planck
(1858-1947) secondo cui Dio per la religione
“sta all’inizio”, per la scienza “al termine
di ogni pensiero”: «Per l’una Egli significa il
fondamento, per l’altra la corona dell’edificio
di ogni considerazione sulla concezione

del mondo». 

La Croce, 12 febbraio 2015